Pubblicato in: Storia di vita

Piccoli frammenti di vita

Questo piccolo grande amore, Baglioni

L’amore per i libri, sembra retorica come affermazione, eppure d’amore si deve parlare e voglio parlare. Il mio primo grande amore come cantava Baglioni. Quell’imprinting a cui resisti tutta la vita ma che in un modo o nell’altro ti trascina a sé come se fossi semplicemente metallo e lui calamita. Violeta (2022, Feltrinelli) diceva che la vita è fatta di anni, che scorrono e alla fine si confondono nella nebbia della nostra esistenza, ma la memoria è fatta da quei lampi di vita che si ricordano perchè legati ad emozioni indelebili. Una celebre frase di Gabriel Garcia Marques recita che  “la vita non è quella che si è vissuta ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”. Il mio primo flash, il mio primo ricordo? Sono a casa dall’asilo, ho la coda di cavallo che mi tira un po’ troppo i capelli, indosso una tuta con cuccioli di dalmata ricamati sopra (avevo una fissa per la Carica dei 101) e un paio di ciabattine rosse. Fra le mani stringo un libro. La mamma non ha tempo di rileggermi di nuovo quella storia deve fare i mestieri di casa. Mi dovevo ingegnare…se avessi voluto leggerla avrei dovuto ricordarla. Quindi, come si dice, ho fatto di necessità virtù. Mi hanno trovato sul divano, qualche ora dopo, che ripetevo ad alta voce la storia, sfogliando le pagine proprio come se leggessi. Ebbene sì: alla fine il mio primo libro l’ho imparato a memoria.

Volete sapere una cosa buffa? A venticinque anni devo già andare avanti a To do list eppure ricordo ancora nitidamente quel volumetto di poche pagine e se chiudo gli occhi posso ancora vedere le figure come se lo avessi sfogliato solo l’altro ieri. Era la storia di una famiglia di orsi, l’orso figlio faceva disperare i genitori per il troppo disordine, i genitori disperati chiamano un dottore che lo ipnotizza. L’orsetto diventa ordinato in modo maniacale, alla fine i genitori si pentono, rivogliono il loro bambino così com’era e vissero tutti felici e contenti. Ecco a voi la copertina

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Era chiaro: avevo iniziato ad amare i libri, di lì è stato solo un crescendo. Imparare a leggere per me è stato un po’ come avere finalmente una chiave magica per navigare in mondi inesplorati. Morale della favola? Non ho più smesso di leggere, ho letto libri di ogni genere, attinto a tutti i libri che c’erano in casa, ho consumato persino gli occhi perchè alla luce fioca di una piccola pila mi sforzavo di decifrare le parole pur di terminare un libro.

Essere un topo di biblioteca? Alla fine è diventata la mia vocazione.

Ancora oggi se il tempo è uggioso batto le mani e saltello sul posto. I miei parenti metereopatici mi guardano storto e mugugnano che non sono normale, che ho decisamente qualcosa che non va: vuoi mettere una bella giornata di sole ad una giornata di pioggerellina e nebbia da far invidia al tempo inglese? Assolutamente sì. Perchè? Elementare, Watson. Se la domenica pioveva la gita in macchina mi portava direttamente nel mio posto preferito in assoluto: la libreria. Non c’erano camminate, lavori in casa, lavori in giardino, pranzi o cene da cucinare, visite a questo o quel parente che teneressero. La domenica se fuori pioveva, cadesse il mondo, si prendeva la macchina e, cantando a squarciagola, in modo decisamente stonato, le canzoni di un vecchio cd di Eros Ramazzotti  (oramai consumato) si partiva alla volta di quel magico mondo. La prima cosa che ricordo nitidamente, quando ci ripenso, è l’odore della carta stampata, delle copertine, il rumore delle pagine sfogliate, la musica in sottofondo che ti investivano come un profano rito di iniziazione sulla porta scorrevole. Mi aggiravo con passo felpato, quasi con sacralità come se fosse una specie di santuario. E lo era per me. Era un luogo che conteneva mille mondi, dovevo solo passeggiare fra gli scaffali e scegliere quale storia mi avrebbe accompagnato. Mi sarei fatta lasciare lì, mi sarei accomodata sulle poltroncine disseminate nel locale e avrei letto libri su libri.

Quasi vent’anni dopo? La sensazione è rimasta la stessa, e ogni volta che varco la porta di una libreria, ritorno quella bimba che fantasticava con il naso in sù.

La Bibliotecaria